Molti concetti come anoressia, ortoressia, depressione post partum, omniomania, agorafobia, bigoressia e tanti altri passano sotto la lente deformante dei media divulgando informazioni incomplete e non sempre corrette. Forse bisognerebbe utilizzare i “media” per fare informazione alla psicologia e informazione sulla psicologia e ciò gioverebbe realmente a tutti coloro che vorranno poi leggere. Quanto il mondo dei “media” ha cambiato la prassi, il metodo, e i contenuti della psicologia e della psicoterapia lo dimostra il fatto che la discussione pubblica e la divulgazione su questi temi ha creato diciture anomale come “psicosi”, “complesso”, “nevrosi”, “attaccamento”, “edipo”, “sindrome”… generando un chiacchiericcio da salotto ed una confusione infinita. Poi, in aggiunta, la diffusione di conoscenze “tecniche” provenienti dal vasto e complesso mondo delle neuroscienze acquisite con un semplice click da Internet in cui ognuno crede di diventare esperto ed in grado di dissertare in modo eloquente, improvvisandosi “professionista della mente” e di ogni sapere a riguardo.
Non esiste più soltanto la psicologia nei media, ma anche i media nella psicologia e tutto ciò determina un cambiamento delle definizioni tradizionali della psicopatologia classica, e per citare un esempio si finisce per attribuire la sua assoluta inconsapevolezza di malattia alle psicosi e la consapevolezza alle nevrosi. Spesso, oggi, il paziente arriva dal professionista psichiatra suggerendo la modifica della terapia farmacologica perché dalle informazioni sparse , prese qua e là su Internet o apprese dalla tv si sente in grado di definire cosa sia meglio fare, confrontandosi col professionista come “competente della materia” ; lo stesso accade dallo psicoterapeuta a cui il paziente magari chiede come mai usa un approccio sistemico nel suo caso, anziché uno gestaltista o cognitivo-comportamentale senza minimamente sapere che quelli sono approcci unici, cioè il terapeuta o è sistemico rogersiano, gestaltista o cognitivo-comportamentale o con un altro tipo di approccio.
In questo ultimo periodo, è diventato comune chiedere al terapeuta come mai non adotta anche la mindfulness, perché questa nuova tecnica di origine americana, è ormai arrivata anche in Europa da circa un decennio. A questo punto, bisogna chiedersi: quale sia oggi il ruolo di un professionista della mente (psicologo, psicoterapeuta, psichiatra …) sentendosi i pazienti ormai molto preparati - ovviamente a modo loro - quasi su tutto? Questo tipo di conoscenza acquisita dalle fonti più disparate, di cui il paziente non ricorda affatto quali esse siano, di primo acchito, potrebbe destabilizzare il professionista se non è seriamente preparato e questo, purtroppo può accadere con i colleghi molto giovani, perché uno studioso della mente da decenni non dà spazio a tutte le elucubrazioni del paziente, ma lo liquida abbastanza presto in modo elegante o non gli consente di esprimersi con suggerimenti propri. Dopo tanti anni di studio, di ricerca e di professione non ci si lascia intimorire da quattro informazioni acquisite a tempo perso qua e là. Infine, dulcis in fundo, ormai c’è anche la A.I. - intelligenza artificiale che con l’elaborazione di dati attraverso i rapidi algoritmi offre soluzioni immediate. Potrà forse sostituirsi ai professionisti umani? La mia risposta è la seguente: sicuramente la A.I. offrirà in tempi brevi un valido contribuito in tutti i settori, ma una macchina virtuale non potrà competere con i professionisti della mente con una “dimensione umana reale” che solo un essere umano vero possiede.
Dott.ssa Maura Livoli
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo Psicoanalista Consulente tecnico
Roma
Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo Psicoanalista Consulente tecnico
Partita IVA 02208410981
Iscritto all'Ordine degli Psicologi col n. 453 dall'8.11.1990